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Perchè chi non vuole le scuole private è un classista che fa gli interessi dei ricchi

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Chi è contrario al finanziamento pubblico alle scuole private, di solito, usa il seguente, stringente, argomento: i poveri non devono pagare per le scuole dei ricchi. E’ una posizione che condivido totalmente e, anzi, la faccio mia: i poveri non devono assolutamente pagare le scuole dei ricchi. Peraltro la scuola pubblica non è gratis, perché viene pagata con le tasse sia dei poveri che dei ricchi ed è trascurabile il dettaglio che i ricchi pagano la scuola due volte: le tasse per finanziare la scuola dei poveri e le tasse per mandare i propri figli alle scuole dei ricchi. Ma, siccome, appunto, sono ricchi, evidentemente, tutto ciò è secondario.

Fin qui tutto chiaro. Cominciamo a porre un dubbio. Ad esempio: in questo dibattito è totalmente assente una seconda distinzione, che a me sembra molto più importante, ovvero quali sono le scuole peggiori e quali sono le scuole migliori. Ammesso e non concesso che le scuole pubbliche siano peggiori e quelle private siano migliori, ne consegue che i poveri vanno nelle scuole peggiori e i ricchi nelle scuole migliori. Ripeto: ammesso e non conceso, perché esistono in giro per l’Italia delle eccellenti scuole pubbliche e delle pessime scuole private. Ma, in modo dozzinale, la distinzione scuola pubblica-cattiva scuola e scuola privata-buona scuola, in linea generale, regge.

A questo punto, sempre se non vogliamo essere classisti e sempre che ci preoccupiamo di far frequentare ai ragazzi italiani buone scuole, la domanda giusta da porsi non è come far pagare ai ricchi le loro scuole ma, piuttosto, come far frequentare ai figli dei poveri le scuole migliori.

Infatti, l’unica domanda alla quale chi è contrario alle scuole private non sa rispondere è la seguente: che cosa succede se un povero vuole far frequentare al proprio figlio una scuola per i ricchi? Io, se mi mettessi nei panni di chi è contrario alla scuola privata, francamente, non saprei cosa dire se non che occorre far diventare la scuola pubblica altrettanto buona come quella privata. Da ciò ne consegue la necessità di nuovi investimenti, più soldi e, magari, perché no?, più scuole. Ma “più soldi” non significa automaticamente “scuola migliore”: è un sillogismo che non regge soprattutto per il meccanismo di reclutamento degli insegnanti. Fino a quando i professori sono scelti da una graduatoria e non in base a colloqui individuali tesi a riconoscere le loro specifiche competenze e la loro attitudine a uno dei lavori più delicati e difficili del mondo, è molto difficile che “più soldi” alla scuola pubblica significhi “scuola migliore”. D’altra parte il colloquio individuale, la misurazione delle competenze, la verifica dei risultati è un processo al quale si sottopone qualsiasi lavoratore del settore privato, quindi non si capisce perchè da questo meccanismo di valutazione debbano essere esclusi gli insegnanti.

Tornando a noi: io penso che l’unico modo per permettere ai figli dei poveri di frequentare le scuole dei ricchi è consentire alle famiglie di scegliere la scuola migliore, che può essere privata o pubblica. Questo è il sistema dei voucher o del “buono scuola”: un assegno consegnato nelle mani delle famiglie che decidono in quale scuola spenderlo finanziando, in questo modo, quella scuola. La quale scuola non dovrebbe ricevere dallo Stato nessun altro trasferimento perché ogni finanziamento sarebbe incorporato dentro il voucher. Ovviamente il voucher deve essere differenziato in base al reddito della famiglia, in modo che un ricco non abbia dallo Stato la stessa cifra da spendere che viene consegnata nelle mani di un povero, ma ne metta un po’ del suo.

Chi è contrario alla scuola privata non può essere favorevole al sistema dei voucher perché lo vede come un subdolo sistema di finanziamento della scuola privata mentre invece, in un sistema di buoni scuola, la distinzione tra pubblico e privato non esisterebbe di fatto più: l’unica distinzione sarebbe tra quelle buone e quelle cattive: le prime ottengono molti soldi perché molte famiglie iscrivono i propri figli, le seconde ne ottengono meno perché meno famiglie vi iscriverebbero i propri e, piano piano, chiuderebbero.

Il sistema del “buono scuola” è l’unico che permette ai figli dei poveri di frequentare buone scuole dando a loro e alle loro famiglie il diritto di scegliere quella che ritiene migliore. La distinzione, invece, tra pubblico e privato continuerà a discriminare non tra studenti bravi e studenti cattivi, ma tra figli di papà e figli di nessuno. Quindi: chi non vuole i buoni scuola è un classista che lavora a favore dei ricchi e a danno dei poveri. Qualsiasi cosa dica.



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